Processo penale per doping a Giuseppe Liberatore, vogatore supervincitore del Palio del Golfo della Spezia.
Udienza di discussione, finale della mia arringa difensiva.
“Giudice, prima di concludere vorrei soffermarmi su un ultimo aspetto, non rilevante processualmente ma forse interessante da conoscere prima della sua decisione.
In questo giudizio ho portato molti testimoni, tra cui vari compagni di voga di Liberatore, tra cui il più grande vincitore insieme a lui del palio del Golfo, Paolo Lavalle. Ci hanno parlato di che razza di atleta sia, della sua etica, di come da sempre veda il gesto sportivo, dell’agonismo che per lui è prima di tutto agone contro i propri limiti, che diventano i propri demoni. Come per i campioni più grandi.
Ma ci hanno parlato soprattutto dell’ultimo atto – per ora, ma chissà – di questa sua lunghissima carriera. Premetto che, oltre al giudice, nemmeno Liberatore sa che cosa sto per dire.
Per questa difesa sarebbe stato utile far emergere l’onestà sportiva di Liberatore anche nel corso degli anni passati.
Soprattutto quando e dove tutto è iniziato.
E quindi sarebbe stato utile far venire a testimoniare, dopo gli ultimi compagni già sentiti in questo dibattimento, anche il suo primo compagno di voga in assoluto, quello con cui Liberatore vinse la sua prima gara di canottaggio, sui gozzi liguri in doppio, nel Palio delle Cinque Terre juniores, nel lontano 1988. Poi ciascuno dei due ha seguito la sua strada e la sua vocazione.
È un cerchio che si chiude. Un déjà vu.
Questo compagno di voga però non può testimoniare in questo processo.
Ma può comunque parlare in sua difesa.
Ed è quello che sta facendo in questo momento indossando la toga”.
Per i casi della vita, dopo trentaquattro anni, un déjà vu: anche quest’ultima gara l’abbiamo disputata e vinta insieme.
Il processo si è concluso con sentenza di assoluzione con formula piena perché il fatto non costituisce reato.